Idronefrosi
COS’È?
Idronefrosi o, più correttamente, pielectasia è una dilatazione del bacinetto renale.
L’urina viene prodotta dai reni, raccolta in cavità simili a imbuti, chiamate bacinetti o pelvi renali, e convogliata negli ureteri, lunghi tubi che permettono all’urina di scendere dal rene fino alla vescica. Quando la vescica è piena si contrae e spinge l’urina all’esterno attraverso l’uretra.
COME SI RICONOSCE?
Un'ostruzione acuta delle vie urinarie superiori provoca un aumento improvviso della pressione nell'uretere, con dilatazione del sistema a monte, e un aumento dell'attività peristaltica, che perde coordinazione.
In un primo momento la pressione della pelvi, che normalmente è di circa 4-10 cm di acqua, può giungere fino a 50-60 cm/H20. Tale ipertensione altera il gradiente pressorio lungo i tubuli renali, con conseguente iniziale aumento del flusso sanguigno, per meccanismo riflesso, e liberazione di prostaglandina E2. In seguito, la perfusione renale si riduce e, dopo circa 24 ore, raggiunge il 40-70% del normale, a causa di una vasocostrizione dei capillari pre e post glomerulari che determina un calo della VFG. Questo meccanismo provoca una riduzione della pressione a livello dei tubuli, che ritorna a valori normali, con il risultato di mantenere una funzionalità tubulare pressochè normale, risparmiando i glomeruli dal danno ipertensivo.
Il danno parenchimale provocato dall'ostruzione è variabile, nell'adulto un'ostruzione completa può causare una riduzione permanente della funzionalità già in una sola settimana, mentre nel bambino è possibile un buon recupero della funzionalità anche se l'ostruzione è durata mesi; in generale l'ostruzione cronica causa una graduale riduzione della funzionalità renale.
L'ostruzione è spesso solo parziale, con idronefrosi di grado variabile e deflusso dell'urina possibile solo quando la pressione a monte dell'ostruzione supera un determinato gradiente pressorio.
L'idronefrosi sopraggiunta nell'adulto è, nella maggioranza dei casi, dovuta ad un'ostruzione (calcolosi, invasione neoplastica, briglie aderenziali) e, se non si risolve in breve tempo, necessita di intervento chirurgico. La situazione è differente nei bambini, in cui il reperto di idronefrosi è reso più frequente dalla diffusione e perfezionamento dello screening ecografico prenatale e neonatale, giungendo a percentuali dell'1-1.5%. Una elevata proporzione (probabilmente più del 50%) delle idronefrosi scoperte in età pediatrica non necessita di intervento correttivo, in quanto la situazione si stabililizza o migliora spontaneamente senza perdita di funzionalità renale.
In caso di dilatazione del bacinetto renale, riscontrata prima della nascita o durante l’infanzia, l’urologo pediatrico valuta se eseguire una semplice sorveglianza del fenomeno con ripetute ecografie oppure se eseguire un approfondimento diagnostico tramite:
TAC e RM hanno un ruolo marginale nella diagnosi di ostruzione e possono essere utili in caso di funzionalità renale molto ridotta e conseguente bassa concentrazione del mezzo di contrasto dell'urografia. Lo studio TAC con mdc offre l’opportunita’ per valutare i rapporti anatomici tra il rene funzionalmente escluso e gli organi viciniori; ciò al fine di valutare meglio in paziente in caso scelta della rimozione del rene non funzionante. Tutte le metodiche suddette possono avere ruolo nella diagnosi eziologica di un'ostruzione, ma non possono fornire informazioni funzionali oggettive. Al contrario, la scintigrafia renale sequenziale ha in genere scarsa capacità di determinare l'eziologia, ma fornisce dati funzionali che sono importanti per una corretta valutazione del paziente con rene idronefrotico.
Lo studio scintigrafico diviene di importanza fondamentale nella valutazione dell'idronefrosi in età pediatrica, sia perchè permette di osservare dinamicamente il deflusso dell'urina differenziando le forme ostruite da quelle solo dilatate, sia perchè fornisce la stima della funzionalità del rene dilatato. Controlli scintigrafici associati a valutazione ecografica permettono di valutare l'andamento nel tempo della funzionalità di un rene idronefrotico, del grado di dilatazione e del suo naturale sviluppo, consentendo di optare, a ragion veduta, fra un atteggiamento conservativo ed un approccio chirurgico.
SCINTIGRAFIA RENALE SEQUENZIALE con TEST DIURETICO
Preparazione del paziente
Per una corretta esecuzione del test è richiesta una buona idratazione (500-700 ml nell'adulto e 10 ml/kg nel bambino).
Radiofarmaco
Viene correntemente impiegato il 99mTc-DTPA o il 99mTc-MAG3, anche se quest'ultimo sarebbe il più indicato per uno studio ottimale del sistema collettore renale e del trasporto ureterale, grazie alla maggior concentrazione che è in grado di raggiungere nelle vie escretrici. Inoltre, in caso di ostruzione recente, la funzione glomerulare viene compromessa prima della funzione tubulare che, anzi, appare paradossalmente aumentata. Come conseguenza di tutto ciò, l'impiego di radiofarmaci ad escrezione tubulare permette di ottenere immagini di migliore qualità.
Diuretico
Il diuretico comunemente utilizzato è la furosemide, che agisce principalmente sulla branca ascendente dell'ansa di Henle, bloccando il riassorbimento attivo di sodio e cloro, e sul tubulo contorto prossimale, riducendo il riassorbimento di acqua. L'azione della furosemide causa un imponente aumento del volume di urina prodotta.
La risposta renale alla furosemide raggiunge il picco dopo 15 minuti dalla somministrazione e.v.
La dose comunemente impiegata è di 0.5-1 mg/kg per il bambino e 20-40 mg per l'adulto.
Metodiche di acquisizione
Il test viene comunemente eseguito secondo tre possibili metodiche:
1. Al termine di una scintigrafia renale sequenziale, eseguita con la tecnica abituale, qualora si osservi un ritardo nel deflusso del radiofarmaco dalle vie escretrici renali, si pone il paziente in posizione eretta (se possibile) e lo si invita ad urinare. Dopo la minzione, viene acquisita un'immagine tardiva finale che viene confrontata con l'ultima immagine pre-minzione. Qualora non si riscontri un significativo svuotamento delle vie escretrici, si somministra il diuretico e si riprende l'acquisizione delle immagini per altri 20 minuti.
2. Venti minuti dopo l'inizio di una scintigrafia renale sequenziale, eseguita con la tecnica abituale, qualora si osservi un ritardo nel deflusso del radiofarmaco dalle vie escretrici renali, si somministra il diuretico e.v., continuando poi l'acquisizione delle immagini per altri 15-20 minuti. Se, trascorso questo tempo, non si riscontra un significativo svuotamento delle vie escretrici, si pone il paziente in posizione eretta (se possibile) e lo si invita ad urinare, per ridurre le incidenze di falsi positivi. Dopo la minzione, viene acquisita un'immagine tardiva finale che viene confrontata con l'ultima immagine pre-minzione. In alcuni casi dubbi, tale accorgimento permette di confermare o escludere una stenosi funzionalmente significativa. Questa tecnica ha il vantaggio di permettere la valutazione della risposta al diuretico (nei casi in cui venga somministrato) nell'ambito di un'unica indagine dinamica, senza muovere il paziente e quindi senza introdurre altre variabili.
3. Il diuretico viene somministrato 15 minuti prima dell'inizio di una scintigrafia renale sequenziale, eseguita con la tecnica abituale. In tal modo il radiofarmaco è iniettato nel momento della massima azione del diuretico. Questa metodica è usata più raramente, in genere nei casi che rimangono dubbi dopo l'esecuzione di un'indagine con le tecniche sopra descritte, specie in pazienti con importante dilatazione delle vie escretrici, nei quali viene spesso associata ad una iperidratazione e.v. per aumentare al massimo il flusso urinario.
Il presupposto su cui si basa il test diuretico è che, in un sistema ostruito, il deflusso urinario permane compromesso anche se viene incrementata al massimo la "vis a tergo" con un forte stimolo diuretico. Al contrario, il diuretico provoca un'accelerazione del deflusso, con rapido svuotamento delle vie escretrici, quando la lenta eliminazione dell'urina è dovuta a semplice stasi.
L'interpretazione dell'indagine si basa sia sulla valutazione della funzione renale sia sull'andamento del deflusso del radiofarmaco prima e dopo lo stimolo diueretico. In particolare, è di fondamentale importanza l'analisi delle curve radionefrografiche:
In presenza di ostruzione la curva radionefrografica presenta:
Se viene eseguito un test diuretico secondo la metodica 2, sopra descritta, la curva radionefrografica può assumere uno dei seguenti andamenti tipici:
|
La curva appare in progressiva salita fino alla somministrazione del diuretico che provoca una brusca discesa. Tipicamente, la curva assume un andamento "concavo" verso l'alto e verso destra.
|
|
Nell'adulto la risposta al diuretico dipende dalla funzionalità renale e non aumenta significativamente aumentando il dosaggio sopra i 40 mg.
La risposta alla furosemide è meno prevedibile nelle prime 4-6 settimane di vita, a causa del non completo sviluppo renale, e diventa completa solo verso il sesto mese. Il problema non è trascurabile vista la frequente diagnosi di idronefrosi prenatale e perinatale.
In questi casi un'indagine normale esclude l'ostruzione, mentre un quadro di tipo ostruttivo potrebbe essere dovuto ad immaturità e richiede ulteriori controlli.
Un'insufficiente idratazione può ridurre la risposta alla furosemide, anche in presenza di funzionalità renale normale. E', quindi, essenziale provvedere sistematicamente ad una adeguata idratazione del paziente, specie nei casi in cui sia già stata documentata un'importante dilatazione delle vie escretrici.
Alcuni disordini tubulari, come la necrosi tubulare acuta o la sindrome di Fanconi, rendono inefficace la furosemide.
Dipende dal grado di idronefrosi ed è un fattore molto importante.
Se il sistema è molto dilatato, l'aumento del flusso urinario determinato dal diuretico può essere insufficiente a produrre un normale lavaggio delle vie escretrici, anche in caso di semplice stasi senza ostruzione.
Spesso, in caso di idronefrosi, il volume del sistema dilatato è molto variabile e può dilatarsi ulteriormente in caso di aumento della pressione intrapelvica, come accade sotto l'effetto della furosemide. Ciò è più frequente in caso di bacinetto extrarenale. E', così, possibile che non vengano raggiunti i gradienti pressori necessari a superare resistenze anche modeste.
Una vescica piena può rallentare il deflusso dell'urina a monte.
Per evitare falsi positivi, è necessario iniziare l'indagine a vescica vuota e, nei casi dubbi, acquisire immagini tardive, dopo svuotamento vescicale. Più raramente, può essere necessario eseguire l'indagine con catetere endovescicale aperto.
In caso di ostruzione situata nella regione medio-distale di un uretere dilatato, il deflusso del radiofarmaco dal rene e dalla pelvi può essere ancora normale, mentre si osserva un accumulo di urine radioattive nell'uretere a monte dell'ostruzione.
In questi casi è necessario valutare l'andamento di una curva attività-tempo relativa ad un'area di interesse tracciata sull'uretere.
PERCHÉ CI SI AMMALA?
La pielectasia può essere una dilatazione parafisiologica, ovvero un evento né normale né patologico, che può risolversi spontaneamente senza arrecare danni al rene.
In altri casi, può essere un segnale di qualche malformazione dell’apparato urinario, quale:
COME SI CURA?
Si cura in funzione della causa dell’idronefrosi con lo scopo di ristabilire una normale pervieta’ al deflusso urinario e/o con lo scopo di salvare la funzione renale. .